Il ritorno in Georgia nello scorso fine luglio 2018 è stato un altro tuffo nella storia, nella bellezza dei paesaggi e nella calda accoglienza della sua gente. L’occasione era il Festival Internazionale dei Teatri Regionali di Poti sul mar Nero dove avremmo portato lo spettacolo di Commedia dell’Arte tratto da “Love’s labor lost” di Shakespeare prodotto a Tbilisi con attori georgiani e il fatto di essere atterrato proprio a Tbilisi mi ha restituito il senso del viaggio, l’attraversare paesaggi che cambiano, climi diversi e odori, sapori che mi sono diventati familiari. I giorni del festival scorrono velocissimi tra interviste prove e spettacoli... un’atmosfera piacevolissima creata con sapienza dall’attrice giustamente amata Nìneli Chankvetadze, assistita da Nana Tutberidze e da Beka Jumutia infaticabili nel cercare di far sentire gli ospiti a proprio agio e far girare il grande meccanismo del festival.
A noi ospiti capitava di incontrare colleghi teatranti provenienti non solo da tutta la Georgia ma anche da Russia, Polonia, Stati Uniti d’America etc etc ... Nìneli è anche riuscita a organizzare, nonostante il poco tempo a disposizione, una gita a Kutaisi, bellissima città dell’antica Colchide attraversata dal fiume che una volta si chiamava Pasis e adesso Rioni. Vedendo le sue acque gorgoglianti ho immaginato Giasone e gli argonauti risalire la corrente a tratti tumultuosa con la loro nave alla ricerca del vello d’oro... (hanno fatto nel 1984 un esperimento ricostruendo una nave coi metodi di allora e ci sono riusciti!). Li ho immaginati giovani scapestrati, come Pasolini me li aveva figurati nel suo bellissimo e struggente film, arrivare proprio qui e conquistare l’amore di Medea che Euripide volle presentarci, infanticida per vendetta, ma che invece qui raccontano in modo diverso... Medea va riabilitata e molti nei tempi, anche piuttosto recenti, hanno tentato di farlo, ma spetta ai georgiani raccontarcelo attraverso un gesto di arte drammatica contemporanea che attendo con curiosità e interesse.
Abbiamo visitato oltre alla città, con un suo teatro notevolissimo, anche il vicino sito Ghelati, complesso architettonico e monastero voluto nell’undicesimo secolo dal re Davide quarto, l’uomo che fu canzonato dai vicini regnanti come “re dei boschi” ma che di fatto riuscì a riunire la Georgia come unica Patria sotto di sé.. un uomo pare di statura fisica elevatissima e infatti la sua lunga tomba si trova all’ingresso di questo sito bellissimo e di grande pace tra le alture, immerso nella natura. Re Davide volle che la sua tomba venisse posta all’ingresso per essere calpestata nei secoli come gesto di umiliazione allo scopo di espiare i delitti commessi in vita... Abbiamo poi visitato le “cave di Prometeo“ un lungo cammino con guida nelle viscere della terra tra stalattiti e stalagmiti che delineano forme di grandissima suggestione e illuminate con molta sapienza. Sarebbe bello che l’Ente Turismo georgiano promuovesse un concorso per dare un nome ad alcune di queste formazioni (in una per esempio ci ho visto le guglie della “Sagrada Familia” celebre cattedrale di Gaudì a Barcellona ma chissà quante altre proposte potrebbero esserci) e credo potrebbe attrarre ancora più visitatori pur avendone già parecchi.
Ritorniamo al festival di Poti e alla Commedia Italo-Georgiana che ha avuto accoglienza calorosissima e che fa sperare ulteriori progetti condivisi. Questa esperienza mi ha dato molte riflessioni sul teatro, sulle motivazioni che ci spingono verso quest’arte e sul senso dell’incontro tra culture. Ne sono arricchito. Ritorno a Tbilisi e mi reimmergo nella sua storia e nella sua bellezza ammaliante. Visito il Museo Statle della Georgia Janashia dove si trova il tangibile segno che la nostra storia di umani è iniziata da queste parti, in queste terre 1.700.000 anni fa e non in Africa... poi vedo i segni di civiltà antiche e gioielli preziosi e manufatti in oro... allora capisco ancora di più quel risalire di Giasone e dei suoi compari alla ricerca dell’oro georgiano e per dirla di nuovo con Pasolini “ciò che è mitico è realistico”... ne colgo il tangibile e concreto anelito dei conquistatori, almeno ora mi sembra più chiaro. La Georgia è una culla di civiltà ed ecco perché tutti l’hanno sempre cercata amata conquistata deturpata frammentata e sottomessa... ecco perché ha avuto solo tre anni di vera indipendenza nella sua ultramillenaria storia (dal 1918 al 1921) e che oggi ancora cerca di difendere con onore e dignità ma anche con la grazia dei suoi abitanti. Allora se in Georgia può accadere di ritrovare le proprie origini siamo tutti un po’ georgiani.
Claudio de Maglio
spettacolo al Festival di Poti
Monastero di Ghelati
Caverne di Prometeo
Caverne di Prometeo